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Tradizione culinaria

La pizza è forse il prodotto gastronomico più celebre, nel mondo, di tutta la cucina napoletana. Le sue radici sono antichissime, sicuramente risalenti almeno all'epoca romana, quando erano diffuse diverse focacce di grano, citate in alcune opere di Virgilio. Il nome, infatti, probabilmente deriva dal latino pinsa, participio passato del verbo pinsere, che significa schiacciare. La pizza vera e propria, ricoperta di salsa di pomodoro, risale a poco più di due secoli or sono, e fu presto popolarissima sia presso i napoletani più poveri e che presso i nobili, compreso i re Borbone. Il successo della pizza conquistò anche i sovrani piemontesi, tanto è vero che proprio alla regina Margherita di Savoia nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò la "pizza Margherita" che rappresentava il nuovo vessillo tricolore con il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro ed il verde del basilico. Nel centro storico alcune pizzerie vendono ancora la pizza a libretto o a portafoglio, più piccola della pizza che si mangia a tavola, piegata in quattro insieme ad un foglio di carta per alimenti, ed ancora dal costo molto contenuto.

Non è difficile ritrovare nella cucina napoletana altri riferimenti della tradizione culinaria del periodo greco-romano. Dal vocabolo greco στρόγγυλος, stróngylos, (che significa "di forma tondeggiante") prendono il nome gli struffoli natalizi, dolce tipico fatto da molte palline piccole e fritte, condite con miele. Città di mare, Napoli ha molte ricette a base di pesce, fra queste primeggiano i polpi alla lucìana, così detti dal popolare borgo di Santa Lucia nel quale nacquero, cotti con peperoncino piccante e l'immancabile pomodoro. Sempre legato alla tradizione il gattò di patate, pasticcio di patate macinate mescolate con salumi e formaggi, cotto a formo. Il gattò fu inventato in occasione delle nozze della regina Maria Carolina, figlia di Maria Teresa Lorena-Asburgo moglie di Ferdinando I Borbone, nel 1768.

Chi di noi non ha mai mangiato il casatiello? Il casatiello, o tòrtano è il rustico tipico del periodo di Pasqua, consumato anche il giorno di pasquetta durante le gite fuori porta. Oggi i due nomi si usano spesso come sinonimi, ed indicano un rustico ricco di un'imbottitura di formaggi ed insaccati. Nelle versioni originali invece tòrtano e casatiello erano ben distinti, quest'ultimo infatti si distingueva dal primo perché caratterizzato dalla presenza di uova nell'impasto, mentre il primo era ripieno di cicoli. Anche il babà ha la sua versione rustica. La pasta del babà è infatti neutra, e nella versione da pasticceria acquista il gusto dolce dal bagno di acqua, zucchero e rum. Nella versione rustica, invece, all'impasto vengono aggiunti formaggio e salumi. Addirittura il tortano è entrato nel linguaggio popolare in un detto: ‘tòrtano senza 'nzogna’. Letteralmente: esser chiamato tortano, ma esser sprovvisto di sugna. Colui che viene indicato responsabile di qualcosa di cui - comprovatamente - non sia stato autore suole ribellarsi con la locuzione in epigrafe affermando cioè che non lo si può chiamare tòrtano, dal momento che egli è privo di strutto elemento essenziale della ciambella rustica.

Per quanto riguarda i dolci, come non menzionare la sfogliatella, frolla o riccia?. Ideata nel Settecento nel monastero di Santa Rosa situato a Conca dei Marini, nei pressi di Amalfi, è ripiena contiene una crema di ricotta, semolino, vaniglia e cedro e scorzette di arancia candite. Tra le varianti che si trovano oggi vi è la Santa Rosa, più grande e completata da crema ed amarene, la "Frolla" perché fatta appunto con pasta frolla, e le code d'arargosta, ripiene di una pasta bignè e farcite con vari tipi di crema. Da ricordare inoltre la "secolare battaglia" tra i sostenitori della "Riccia" e della "Frolla" che da tempi ormai immemori si contendono il titolo di autentica sfogliatella.