Mary Cinque, da Londra ad Agerola alla ricerca della sua arte visiva
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Ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.
di Ilaria Sabatino
Mary Cinque possiamo definirla un’artista che esprime nelle sue opere il fascino ed i colori della sua terra, della sua Costiera Amalfitana. Si definisce pittrice, graphic designer, ma io aggiungerei “viaggiatrice curiosa”, sì perché ogni suo viaggio, ogni suo incontro con persone e culture diverse, diventano per lei fonte di ispirazione, nascita di opere che si trasformano in espressione del luogo visitato. Tutte le sue opere, vivaci, luminose, dai disegni gioiosi, sono ispirate ad un incontro voluto o casuale, passeggiando per strada o seduta in un locale, a contatto con il tran tran della vita quotidiana o semplicemente ammirando un tramonto. Coglie l’attimo, per poi trasformarlo, sulle sue tele, in infinito. I suoi disegni sono realizzati con pastelli a olio, tecnica utilizzata per la prima volta durante il suo soggiorno a Londra, e acrilici su tela. Collabora, anche, con brand selezionati, lavorando su commissioni artistiche come illustrazioni, etichette e showroom design.
Mary da dove nasce il tuo amore per l’arte?
Non me lo sono mai chiesto ma ora che ci penso la prima immagine di me da piccola che ricordo è una fotografia scattata nella mia cameretta ad Addis Abeba (abbiamo vissuto lì per un po’) di fronte a una parete tappezzata di immagini colorate che i miei genitori prendevano da libri e riviste e che appendevano per rallegrare l’ambiente. Mi sembra di ricordare che tra queste ci fossero delle mappe, immagini delle bandiere di vari Paesi e una pubblicità di United Colors of Benetton. Probabilmente la mia relazione con l’immagine è cominciata lì. Crescendo sono stata circondata da libri illustrati e fumetti e la grafica pubblicitaria, la comunicazione e il design industriale mi hanno sempre affascinata. Non potevo che scegliere la carriera di artista visiva.
Che ricordi conservi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli? E se il clima accademico ha o no contribuito alla tua ricerca artistica?
L’accademia di Belle Arti di Napoli prima e di Milano poi ha avuto una parte fondamentale nella mia crescita artistica. Non amavo il senso di improvvisazione generale, ma gli stimoli, le occasioni e i compagni di viaggio sono stati unici! Credo che una grande influenza abbiano avuto gli studi di storia dell’arte con Rosella Gallo, Marco Di Capua e Massimo Bignardi.
Il periodo della pandemia, come lo hai vissuto d’artista? Per molti è stato un periodo di buio, ma per altri è stato un momento di riflessione e di creazione.
Ero da poco tornata da Londra, dove avevo vissuto quasi tre anni, e i lockdown sono stati per me una specie di residenza d’artista. Ero costretta in casa, ma per me era un dono, visto che non amo molto uscire. Potevo dedicare tantissimo tempo a fare ciò che amo di più: creare e leggere, senza sentirmi in colpa, poiché non c’era letteralmente nient’altro che potessi fare. So che è impopolare sottolineare le cose positive di quel periodo, dato che per molti è stato buio e tragico; ma io mi sono goduta i silenzi, il ritmo lento, la natura; ho riflettuto e mi sono fatta domande che altrimenti non mi sarei posta. Certo è che la pandemia ci ha messo di fronte in maniera evidentissima tutte le conseguenze negative delle scelte capitaliste e “globalizzanti” fatte finora. Ma non mi sembra che abbiamo imparato la lezione.
Mary, la tua vita è stata costernata da viaggi ed incontri importanti, qual è il luogo dove ti sei sentita più a casa? E ora il tuo viaggio artistico, possiamo dire, che ha trovato il suo approdo nelle tue radici, ad Agerola?
Un’altra cosa a cui i miei mi hanno esposto fin da piccola sono stati i viaggi e di questo gli sarò sempre grata; poiché mi ha insegnato ad amare ciò che è diverso, a essere curiosa delle cose nuove e a cercare sempre di capire “l’altro”. Mi sento sempre a casa quando sono a New York, una città che amo tantissimo e dove tornerei sempre. L’ultima volta ci sono stata nell’autunno 2023, al termine della residenza nello studio dell’artista Sol LeWitt, ospitata da sua moglie Carol, una carissima amica e mecenate. Londra è stata una scoperta: quando mi ci sono trasferita non avevo aspettative in nessun senso, ma subito ho imparato ad amarla e la mia arte ha avuto un grande sviluppo lì. La gente che popola Londra è così varia e colorata e espressiva che ho dovuto includerla nei miei lavori (fino ad allora dedicati per lo più agli edifici). A Londra ho anche cominciato a usare i pastelli a olio, tecnica che non ho più abbandonato, soprattutto grazie al mio gallerista svizzero Francesco Sciucchetti, titolare della Galleria Palue, che mi ha raccomandato di continuare la mia ricerca in quella direzione. Direi che al momento Agerola è quello che mi serve, un’oasi di tranquillità per processare tutti gli stimoli del Regno Unito (dove torno quasi ogni anno) e degli Stati Uniti d’America, altro luogo dove vado spesso e che mi dà sempre una carica di creatività. Il mio rapporto con la dimensione della città è stato raccontato magistralmente da Alba La Marra che ha curato la mia più recente mostra a Napoli, presso Off Gallery di Beniamino Manfrellotti e diretta da Michela Vasselli; mostra che mi ha dato grandi soddisfazioni e ulteriori occasioni di crescita. La prima volta che sono venuta a vivere ad Agerola è stato nel 1987 e il paese è cambiato tantissimo da allora: è molto più frequente incrociare gente che viene a visitarlo da tutto il mondo, cosa che mi dà molta gioia, visto che accolgo sempre con piacere l’occasione di chiacchierare con persone dall’estero e scoprire cosa le ha portate qui.